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Esco a fare un giro.

  • Immagine del redattore: Mattia
    Mattia
  • 12 feb 2019
  • Tempo di lettura: 5 min


Avete presente quelle notti insonni? Quelle dove ti giri e ti rigiri nel letto a causa dello stress, dei troppi caffè o di chissà quale problema. A me capitano quando penso a un'avventura, quella notte pensavo alle mie ciclo-vacanze, sapevo di avere circa 15 giorni disponibili e così mi chiesi: “ quanti chilometri riesco a fare in bicicletta in una direzione con questo tempo a disposizione?”. e poi dove? Bisognava trovare una destinazione, il Nord mi intrigava ma ero dubbioso su un eventuale rientro improvviso per problemi vari, l'Ovest mi piaceva ma Santiago De Compostela temevo fosse troppo per il mio allenamento, a Sud ci ero già stato l'anno scorso raggiungendo Roma. Est, sarei andato ad Est, destinazione Croazia, viaggiare sulla costa è meraviglioso e le possibilità per traghettare in Italia erano numerose, la meta era stata scelta. E' proprio qui che inizia un viaggio, quando nasce l'idea, a volte giorni, settimane o mesi prima, tu sei già in cammino senza saperlo, i preparativi sono quelli che di distraggono dalla “rottura” dell’attesa. Quella poca esperienza nei viaggi in bicicletta mi porta a optare per un settaggio molto leggero, in stile Bike-Packing, dove la bici e dotata di 2/3 borse sagomate e molto compatte. Il mezzo sarà la mia Mountain-Bike, ammortizzata solamente davanti con ruote da 29, incredibile è la versatilità di questi rampichini di ultima generazione, il giorno prima ti portano al traguardo di una Gran Fondo, e il giorno dopo, con qualche modifica sono pronte a macinare km.

Le uniche modifiche sono state mettere una sella più confortevole, montare delle gomme lisce e più scorrevoli, e infine montare un pacco pignoni con rapporti più lunghi.

Una revisionata generale dal buon Sergio Groppo e via, pronta a macinare km. Negli appena 26 litri disponibili di «valigia» decido di limare al massimo il carico, e optare per il lavaggio a mano quotidiano dei vestiti, qualche attrezzo, e la tenda sarà la mia casa, tutto qui, in 25 kg ho l'occorrente per il tutto, bicicletta compresa, non serve altro. E' tutto pronto, e la notte prima di partire non dormo granché come previsto, ma alla sveglia non interessa se dormi o no, lei comunque alle 6 in punto suona, solite faccende mattutine, mi vesto e parto. I primi km sono sempre strani, le strade che percorri tutti i giorni sai che non le rivedrai per un po’, queste dopo lasciano spazio a quelle che invece conosci meno, fino ad essere in qualche ora del tutto nuove, ed è proprio lì che inizia il bello. Non mi do mete giornaliere, l'intenzione è quella di togliersi la pianura padana nei primi 3/4 giorni, per poi rallentare una volta arrivato sulla costa. Le mie prime quattro tappe sono Pavia, Peschiera del Garda, Venezia e Trieste, la pianura è quasi monotona per chi è abituato al Monviso all'orizzonte da una parte e alle Langhe e al Roero dall'altra, ma nonostante tutto alcuni paesaggi sono davvero belli, dalle risaie, ai campi di girasoli per finire a città come Verona e Venezia, dove ho la possibilità di prendere fiato in mezzo alla storia e alla cultura di questo paese. Quinto giorno, un po’ d'ansia, qui forse inizia il viaggio vero, dopo qualche km in Slovenia finalmente entro in Croazia, dove eviterò l'Istria perché avrebbe bisogno di un viaggio a se per la sua bellezza. La mia piccola bici si perde quasi nelle code delle dogane, ma in tanti mi salutano e sorridono, facendomi passare, non ci posso ancora credere, l'arrivo in Croazia è tutto in salita, poi fino alla costa, dove mi fermerò alla prima grossa città (Rijeka) tutta discesa, il peso della bici mi fa sentire un missile, e neanche le macchine mi stanno dietro, all'orizzonte il mare dà l'impressione di essere un lago, a causa delle lunghe isole croate sempre visibili, e io scendo tutto abbassato in sella come su una Moto GP.


Da qui in poi mi sono trovato quasi quotidianamente su una meravigliosa strada, sempre confinate con il mare, alla mia destra ho solo del blu a cui badare. La costa e molto frastagliata e non ci si stufa mai, un attimo sei a un metro dal mare, poco dopo lo vedi distante, anche le salite non mancano, mai troppo ripide ma sempre davvero lunghe, e la forza di gravita unità al peso "piuma" della bici non aiutano sicuramente. Le mie ruote rotolano verso Sud, ho sempre il sole in fronte e l’aria contro, a volte piacevolmente fresca, altre volte che ti rallenta come un freno a mano. Traghetto per attraversare la penisola di Novalja, un deserto di roccia calcarea, fino a Zadar per poi riallacciarmi alla terra ferma, Šibenik, Split, i primi punti per tornare in Italia li volo senza pensarci, voglio solo pedalare, attraverso anche quella piccola fetta di Bosnia Erzegovina che tocca il mare, tanto breve quanto bella. Dubrovnik è una metropoli rispetto ai paesini che solitamente attraverso, la parte vecchia è meravigliosa, e quel giorno decido di Salire il Monte Sergio 412 m s.l.m. che sovrasta la città vecchia, sono abituato ai panorami delle Alpi, eppure quei 500 metri scarsi offrono un panorama mozzafiato, dove il rosso dei mattoni si fonde con l’azzurro del mare e del cielo. Il mio viaggio dovrebbe essere concluso, sono arrivato al fondo della Croazia ma sto ancora bene, la fatica pesa di meno quando davanti a te hai strade nuove, si continua. Il prossimo stato è il Montenegro, la costa diventa più verde, abbandonando il bianco del calcare croato, attraverso le Bocche di Cattaro, una sorta di fiordo contornato da foreste verdissime, qui il mare sembra un lago del Nord Italia tanto è piatto. Bar è la città portuale del Montenegro, neanche ci passo dentro, le gambe frullano e non mi va ancora di tornare, ma dopo cosa c’è: l’Albania! Avanti il prossimo. Mi ritrovo al confine Albanese, anche qui lunghe code, mi faccio strada tra i mezzi a motore e passo oltre, tutto quello che avevo visto fino adesso, il benessere, le belle città, le strade asfaltate a regola d’arte, per un centinaio di km vengono messe da parte, sotto le mie ruote scorrono strade sterrate e intorno distese di “nulla”, campagne deserte e monti non troppo alti in lontananza e anche una lunga e isolata strada piena di cimiteri apparentemente abbandonati. Questa è sicuramente la zona più pericolosa, buche profonde come vasche da bagno, strade senza tombini, motorini spericolati e fili elettrici ad altezza uomo, ma non è anche questo la bellezza?

Siamo abituati ad attribuirla a un monumento, una piazza pulita o a un quadro, per me qui la bellezza è questo disordine, una mucca sola in un campo, i bambini che scorrazzano per strada e ti salutano. Gli ultimi km in queste polverose strade sono stupendi, la bici inizia a scricchiolare, le gambe sono infangate e capisco che forse questa ultima bizzarra parte del mio viaggio è quella che mi è piaciuta di più, ma le campagne spariscono e torna di nuovo l’odore di mare. Il tredicesimo giorno arrivo a Durrës, qui è nuovamente tutto “normale”, una bella città, pulita e ordinata, c’è il benessere, quasi a farti dimenticare quello che avevi visto appena 40 km prima. Sento che questo è il capolinea, continuare non mi va, sarebbe come mangiare il salato dopo il dessert, e il tempo a mia disposizione è quasi finito, da vero scappato di casa mi affido a un fortunato traghetto all'ultimo minuto per il rientro in Italia, con partenza nella notte, nell'attesa scorrazzo per la città con la curiosità di un bambino. Salgo sul punto più alto e ammiro questa distesa di case, le navi vanno e vengono dal porto, in una di quelle ci sarò presto io, scendo lungo il mare, trovo una panchina, mi fermo un po’ a riflettere: “Non sono mai stato così lontano da casa, e ci sono arrivato in bicicletta!”. Carmagnola - Durazzo (Albania) 13 giorni - 1657 km - 78 ore in sella. 1000 Emozioni.




 
 
 

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